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Tabanka, in lingua creola locale significa villaggio
persone che vivono insieme, comunità. E con l’adozione del concetto “il bene è di tutti” che accompagna sempre il marchio, la cooperativa ha voluto esprimere nel modo più giusto, come opera e a quali principi si ispira da oltre 15 anni. Il bene non è appannaggio di qualcuno o di pochi, il bene va distribuito tra tutti coloro che partecipano a questa mission.
Dai frutti
al lavoro nei campi
alla raccolta dei frutti
Tutti devono partecipare equamente ai vantaggi di un progetto nato per assicurare una migliore qualità di vita alla popolazione locale non solo tramite la semplice assistenza, che viene comunque assicurata, ma impiegando ampie fasce della popolazione stessa nelle attività produttive, formando le maestranze, dando loro dignità e garantendo un equo salario. E il bene è presente anche nella fase di acquisto in Italia, sia grazie all’attività sul territorio dei soci e dei volontari, sia per i prodotti di eccezionale qualità venduti ad un prezzo assolutamente competitivo.
Si tratta di un piccolo progetto
ma che può incarnare un esempio per il futuro di filiera produttiva intelligente, certamente non facile da attuare ma indubbiamente armonica, per la quale si produce in Africa e si commercializza in Italia, come si trattasse di un unico corpo organico. Ben diverso dagli aiuti generici pur rilevanti che difficilmente possono contribuire alla crescita morale e concreta delle popolazioni. I soci di Tabanka, negli anni, hanno costruito direttamente o sovrainteso alla costruzione di capannoni e impianti produttivi dove prima esisteva solo foresta. Tuttavia, in tutta la superfice che comprende Santa Chiara e San Francisco pari a circa 2000h, solo il 30% è stato adibito ad attività mentre il restante 70% è stato mantenuto integralmente nel rispetto della natura, ed è ormai l’unica foresta vergine del sud del paese
Alla base
di questo operato vi è anzitutto un’etica nei rapporti tra esseri umani che non dovrebbe mai mancare a ogni latitudine: correttezza nei comportamenti, giusta corrispondenza ai produttori, (in questo caso al centro agricolo di produzione educazione e formazione), valorizzazione del lavoro, insegnamento di un mestiere che sia coltivare i campi o trasformare i prodotti in fabbrica, trasmettendo soprattutto la convinzione che con le proprie mani e con la propria testa, si può veramente uscire da una situazione immobile da secoli, dove il contesto sociale è da sempre depredato delle sue risorse, e dove apatia e scoramento la fanno da padrone.
E lo si può fare solo attraverso la terra, fonte primaria di sussistenza da sempre, la cui proprietà dovrebbe essere sempre esclusivamente appannaggio della gente locale.
Grazie alla terra
si possono massimizzare i risultati facendo crescere le iniziative di anno in anno, dando lavoro continuativo anche e soprattutto alla componente femminile.
Nella lavorazione del caju
ad esempio oltre a impiegare ovviamente molte altre persone, lavorano oltre settanta donne, e questo comporta vantaggi enormi in termini sociali ed economici per una parte di popolazione normalmente esclusa dalla attività produttive.
Il bene è di tutti
anche nell’ambito della famiglia